Ceramica a Palena

Mani che impastano, mani che modellano, mani che decorano.

La ceramica di Palena fra passato e futuro: le antiche botteghe e le nuove idee. Per fare una buona ceramica, prima dell’inventiva e dell’abilità manuale bisogna disporre di buone materie prime: acqua e argilla, sopra tutte, ma anche legna per alimentare i forni, che dovranno raggiungere elevatissime temperature per ottenere la cottura ottimale. A Palena non manca né l’acqua, né l’argilla, né il legno: il borgo sorge ai piedi del monte Porrara, lì dove il torrente Cotaio e la sorgente di Capo di fiume confluiscono generando il fiume Aventino. Il fiume attraversa il paese ed un piccolo sistema di ponti consente di passare da sponda a sponda. Una cinta di boschi circonda l’abitato e spingendosi fuori, verso la sorgente di Capo di fiume si trova quella materia unica e pregiata che nei secoli passati spinse artigiani ed artisti a mettersi in viaggio da Rapino, da Castelli, con cavalli e carri e venire sin qui: l’argilla, un’argilla ricca di silice e di calcare. Con quell’ argilla, per circa due secoli, anche le botteghe locali hanno realizzato piatti, boccali, ciotole, vasi: il corredo che ogni donna portava con sé in dote, prodotti di design ante litteram, funzionali alle esigenze quotidiane del mangiare e del cucinare, ma anche belli, decorati con fiori, uccellini, lettere o motivi geometrici. Oggi quasi nessuno conosce Palena per la sua tradizione ceramica eppure, fino a qualche decennio fa esisteva ancora nella piazza principale “il punto vendita”, per dirla con un’espressione modernissima, dei fratelli Pulsinelli, ultimi produttori – tuttora viventi – di ceramica locale, custodi di una tradizione che oggi, con più iniziative, si cerca di rivitalizzare, non solo per la sua valenza economica ma come perno identitario della comunità. Non vi è casa palenese in cui non siano esposte in bella vista sui camini, nelle credenze, sulle mensole le ceramiche a fioracci, con uccellini, con scene pastorali o bucoliche realizzate dai Pulsinelli, dai d’Emilio, dai Paterra, dai Taraborrelli o dai Como: piccole collezioni private che testimoniano l’attaccamento della comunità a questa lavorazione. Non sappiamo quando la manifattura sia stata impiantata a Palena tuttavia, in base agli approfonditi studi del professor Franco Battistella, si può ritenere che già nel Settecento fossero attive nel borgo almeno due botteghe, ma che il momento di massima auge ebbe inizio negli anni Ottanta dell’Ottocento: nel 1890 il borgo era terzo per importanza, dopo Rapino e Lanciano, nella produzione di “stoviglie comuni” nella provincia di Chieti. Il massimo riconoscimento del pregio della produzione ceramica palenese giunse nel 1911 quando alcuni manufatti vennero esposti a Roma nella Mostra di Etnografia italiana. Ma la prima guerra mondiale era vicina e dopo di essa mutarono i bisogni e le esigenze delle persone che ormai utilizzavano i più economici e resistenti contenitori in ferro smaltato: si cercò allora di orientare la produzione locale verso la ceramica artistica con risultati notevoli: emerge in questi anni la figura di Nino d’Emilio, figlio d’arte, cui si devono originali prodotti ceramici che elevarono la ceramica palenese ad un più avanzato stadio di elaborazione tecnica ed estetica. A conferma della rilevanza assunta dalla produzione locale va anche detto che nel 1921 si tenne proprio a Palena il Primo Convegno Abruzzese dei ceramisti regionali. Dopo la Seconda Guerra mondiale, quando Palena risorgeva dalle proprie ceneri essendo stata rasa al suolo dai bombardamenti tedeschi ed americani, riaprirono soltanto le due botteghe dei D’Emilio e dei Pulsinelli, attivi questi ultimi fino a qualche decennio fa. La loro bottega, alle porte del paese ancora integra, con i piatti appesi alle pareti, gli essiccatoi, il tornio, il tavolo dei colori, ricorda di un tempo lontano, ma non perduto, in cui passando davanti all’uscio aperto era possibile vedere all’opera mani laboriose che impastavano, modellavano, decoravano.

Ceramica antica veicolo per il futuro

Il ritrovamento di un congruo numero di reperti ceramici in prossimità del castello ducale nell’anno è stato motivo per la costituzione di un gruppo di lavoro impegnato nell’allestimento di un museo, da collocare nello stesso castello ducale, in cui oggi si trova il moderno ed apprezzato Museo Geopaleontologico. Vi troveranno ospitalità i reperti, ora oggetto di restauro presso il Laboratorio della Soprintendenza Archeologica di Chieti, ed un insieme di suppellettili messe a disposizione da parte di cittadini privati. Il museo opererà in collaborazione con nuova bottega che sarà impiantata nel paese e beneficerà dell’uso di macchinari acquistati direttamente dal Comune tramite un accordo con il CNR (Centro Nazionale di Ricerche) di Faenza che a Palena aveva tenuto un primo corso di ceramica. Le iniziative mirano tutte a rivitalizzare una tradizione artigianale altrimenti destinata all’estinzione. Nell’attesa che si porti a termine l’organizzazione di un nuovo corso di ceramica i giovani palenesi potranno beneficiare di un accordo fra Comune e Provincia afferente al programma “Bottega-scuola”, grazie al quale potranno recarsi presso alcune botteghe presenti sul territorio provinciale ed apprendere le tecniche ed i segreti della moderna ceramica abruzzese.

 

 

di Francesca Larcinese in “TESORI D’ABRUZZO” n°11 anno 4 ed. gennaio-marzo  2009. pp. 72-75.